La micorrizazione avviene in natura da millenni. Riprodurla artificialmente comporta difficoltà e rappresenta una sfida appassionante.
Quanto si parla di micorrizazione, il pensiero corre a un processo antico e in parte misterioso. Un evento che crea un legame tra specie diverse (piante e funghi), che avviene nel sottosuolo, che celebra l’unione attraverso vantaggi reciproci.
Replicare questa procedura in ambiente controllato è una prassi consolidata per quanto riguarda il tartufo nero (nelle varie specie più diffuse). In particolar modo nelle regioni del centro Italia, c’è una fiorente e storica attività di micorrizazione delle piante da nero, con volumi di tartufi prodotti annualmente elevati.
Diversa la micorrizazione delle piante che danno il prezioso Tartufo bianco d’Alba. Diversa, certo, ma non impossibile.
Come avviene la micorrizazione
La micorrizazione è un ottimo esempio di simbiosi: un legame che unisce due specie diverse e fa in modo che entrambe traggano beneficio da questa unione.
Le spore dei funghi (naturalmente presenti nell’aria e nel terreno) si uniscono alle radici della pianta ospite, attraverso la generazione di un micelio. Il micelio è una propaggine della spora, apparato vegetativo dei funghi. È costituito da filamenti detti ife, che crescendo assumono l’aspetto di una ragnatela. Il fungo dunque si lega agli apici radicali della pianta e inizia a proteggerla dagli attacchi di altri funghi.
La micorrizazione non coinvolge soltanto il tartufo. Sono molti i funghi che possono legarsi alle piante. Non tutti sono fruttiferi: alcuni, molto aggressivi, impediscono il legame simbiotico con le spore del tartufo.
Tartufo nero e tartufo bianco.
Il processo di micorrizazione artificiale è basato su un concetto molto semplice: agevolare il legame simbiotico tra spora di tartufo e radice della pianta ospite. Il supporto che possiamo offrire in ambiente controllato consiste principalmente nel limitare i concorrenti naturali per la simbiosi. Se vi sono più specie di funghi, oltre al tartufo, che lottano per prendere possesso degli apici radicali, non è detto che sia il tartufo a vincere la sfida in natura. In laboratorio possiamo ottenere una micorrizazione ottimale, supportando il processo.
La micorrizazione del nero è una procedura ormai consolidata e diffusa in tutta Italia. Il tartufo nero, anche in natura, si lega a piante giovani, di dimensioni ridotte. Questo aspetto facilità il nostro operato, garantendo una micorrizazione efficace.
La micorrizazione del bianco è più complessa, in quanto in natura il tartufo bianco si lega alle radici di piante che hanno già dimensioni importanti. Ciò che facciamo in laboratorio è accertare la simbiosi con specie di piante compatibili in una fase di vita molto giovane. Per ottenere migliori risultati, lavoriamo in ambiente semi sterile, limitando il rischio di contatto tra radici e altre specie di funghi aggressivi. Solo a micorrizazione avvenuta e certificata le piante tartufigene da bianco sono messe sul mercato.
La certificazione dell’Università di Perugia.
Ogni pianta tartufigena Terra Vergine è certificata e garantita dall’Università di Perugia. La verifica avviene in modo diverso a seconda della tipologia di tartufo legata alla piante.
Per le micorizzate da nero, l’analisi è condotta su lotti di piante. La simbiosi in questo caso è più semplice e la percentuale di piante che non conservano le spore è piuttosto limitata. Se l’analisi campione rileva la mancanza di micorrize in una pianta, l’intero lotto è scartato.
Per le micorizzate da bianco, l’analisi è condotta su ogni pianta. Proprio in virtù della fragilità del legame che il tartufo bianco crea con le radici, un’analisi basata sui lotti non offrirebbe sufficienti garanzie. Acquistare da Terra Vergine piante tartufigene da bianco significa avere la certezza che quelle specifiche piante sono micorrizate. E produrranno nel tempo tartufi bianchi.